Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca

Scriveva Elsa Morante che sarebbe stato difficile non riconoscere a un’opera di ampio respiro narrativo, ma di minore volume, l’appartenenza al genere romanzo «per difetto di uno o due ettogrammi di peso». Questa umoristica immagine di una bilancia che misura la consistenza di un lavoro sul suo peso, ci è venuta alla mente pensando alla stazza, pur tutta digitale, di questo numero 47 appena licenziato, che si presenta come uno dei più corposi della storia di oblio. Una benaugurante conferma che la comunità sulla quale la rivista ha sempre fatto affidamento nella sua flessibile struttura si è ulteriormente ampliata e nuove generazioni di studiose e studiosi si sono affiancate a chi ormai da tempo dà linfa al nostro osservatorio critico-bibliografico, nella forma sia di una collaborazione continuativa che del lavoro, fondamentale, del comitato editoriale e della redazione.

Ben tre – e tutte nutrite – sono le rubriche che compongono il volume, delle quali la prima – all’attenzione–, curata da Giovanna Caltagirone, è dedicata a Sandro Maxia, di cui si pubblica, con la collaborazione di Anna Dolfi, una scelta di frammenti critici inediti da un incompiuto Il punto su Montaleritrovato fra le sue carte. Seguono otto contributi di colleghe e colleghi che sono stati anche suoi amici e allievi, nei quali lo studioso, da poco scomparso, figura chiave della fondazione della MOD, è ricordato non solo per il valore delle sue ricerche di contemporaneista e per la sua umanità, ma anche in quanto promotore di una prospettiva interdisciplinare dello studio letterario, nella quale l’italianistica ha proficuamente dialogato con la letteratura comparata. Con la seconda rubrica – a fuoco – ci spostiamo su un’opera di cui da poco si è celebrato il quarantennale della pubblicazione, ossia Aracoeli della sopra evocata Elsa Morante. Mentre all’epoca il romanzo fu accolto piuttosto tiepidamente, oggi lo «stile tardo» della scrittrice si rivela un vitale banco di prova per approcci molto variegati – dalla critica genetica ai queer studies, dalla comparazione intermediale alle interpretazioni psicoanalitiche –, che bene sono testimoniati dai nove saggi raccolti da Stefania Lucamante ed Elena Porciani, qui preceduti da un suggestivo profilo biografico di Daniele Morante, originariamente pubblicato nel volume del 2012 L’amata. Lettere di e a Elsa Morante. La terza rubrica – in circolo – è da sempre la più militante e più che mai lo è in questo caso, in quanto è dedicata al volume La critica viva, curato da Luciano Curreri e Pierluigi Pellini, che si è proposto di offrire un’occasione di bilancio e ripensamento della funzione del nostro mestiere in Italia, raccogliendo cinquantadue contributi dedicati ad altrettanti maestre e maestri, soprattutto maestri, nati fra il 1920 e il 1940. Il dibattito qui promosso, al quale partecipano voci di diversa provenienza generazionale come quelle di Anna Dolfi, Nicola Merola, Pietro Cataldi, Giuseppe Lo Castro e Massimiliano Tortora, mette l’accento sulla rilevanza dell’operazione, ma anche su alcuni punti nevralgici del presente post-umanistico nel quale viviamo.

Il taglio militante si trasmette allo spazio dedicato ai saggi, in quanto la principale novità strutturale di questo numero è la presenza della sottosezione interventi e rassegne. In realtà, più che di una novità bisognerebbe parlare di un ritorno alle origini, visto che la rubrica prima era intitolata «Saggi e rassegne» e che l’osservazione ragionata dell’attualità critica è un obiettivo di oblio sin dalla sua nascita. Due sono gli interventi che inaugurano questa rubrica nella rubrica: Riccardo Castellana discute due importanti saggi sul campo editoriale italiano usciti negli ultimi mesi; Nicola Merola ha invece redatto un ricordo di Costanzo di Girolamo, che ne ripercorre la parabola di studioso fornendo una mappatura di questioni critico-teoriche quanto mai utile per bilanciare in questa fase storica il culturalismo degli studies. Per quanto riguarda più da vicino i contributi saggistici, la rubrica non è meno corposa delle altre, dato che contiene sei studi relativi a un arco temporale che si estende dal primo Ottocento di Belli e Leopardi sino all’estrema contemporaneità poetica e narrativa.

Anche la sezione delle recensioni si presenta particolarmente ricca, con oltre sessanta testi, caratterizzati da un apporto di sicuro livello da parte delle collaboratrici e dei collaboratori più giovani. È questo un risultato che fa ben sperare: nonostante a questa tipologia di testi non sia riconosciuto alcun punteggio nelle tabelle valutative dell’ANVUR, le recensioni si continuano a scrivere, nella consapevolezza del loro valore formativo e del servizio culturale che rendono.

Più di cento titoli compongono questo numero: il progetto oblio, entrato nel suo tredicesimo anno di vita, appare in ottima salute e in grado di rispondere alle esigenze della fruizione, che non possiamo che augurarci anche allargata.

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