Oblio, X, 38-39 saggi Luca D’Ascia Infinitismo leopardiano e autorità etnografica. Rileggendo Cristo si è fermato a Eboli Scarica in pdf Obiettivo di questo saggio è dimostrare come l’orizzonte antropologico del Cristo si è fermato a Eboli presupponga una prospettiva letteraria “infinitistica” di ispirazione leopardiana. La metodologia impiegata intreccia l’analisi delle isotopie simboliche con la ricostruzione della ricca intertestualità del capolavoro leviano. Il racconto-saggio viene posto in rapporto con la scrittura etnografica non tanto a parte objecti quanto a parte subjecti. La peculiare costituzione della voce autoriale, che si produce nel solco dell’egotismo romantico, viene infatti assimilata all’”autorità etnografica” come condizione dell’antropologia considerata come universo di discorso. Il racconto autobiografico, non privo di sfumature umoristiche, assume la valenza allegorica di un’iniziazione magica. La specificità letteraria del Cristo chiama in causa la teoria del sacro elaborata da Levi in Paura della libertà. L’attrazione per l’indifferenziato riveste le caratteristiche di un’esperienza infinitistica che si riallaccia alla concezione dell’”idillio” esposta da Leopardi. Nella parte conclusiva dell’intervento si approfondisce la dinamica contrastiva che oppone la morte contadina, legata a una visione metamorfica della natura che trascende l’individualità, alla mistica fascista del sacrificio. This paper aims to discuss Carlo Levi’s Cristo si è fermato a Eboli as a specimen of “anthropological writing” by stressing those literary devices which shape a very peculiar authorial instance. Levi’s autobiographical narrative reveals itself to be constructed in the same way as anthropologists do construct their “ethnographic authority” in order to be able to describe cultural otherness in a supposedly objective and paradigmatic form. Humorous autobiography turns to a magical initiation into a powerful pantheistic, metamorphic view of nature. Ecstatic experience of “time before times” is to be compared with the author’s theory of the “holy” as it is expounded in Paura della libertà. Levi gives expression to that metaphysical experience by adopting several literary moods which are reminiscent of Leopardi’s topic of the infinite in the “idilli” and shows himself sympathetic to the pessimistic solidarity ideal of the Recanati poet. Our contribution focuses finally on the dynamical antithesis between the symbolic meaning of death in South Italy peasants’ archaic traditional culture, which allows a renaissance of ancient tragedy beyond the schemes of exhausted Classicism, and the nationalistic celebration of war as ritualized sacrifice in the context of fascist ideology.